GLI ALFIERI E

Il Castello

“TORT NE DURE”

La storia

Il castello fu voluto da Catalano Alfieri (1602-1674) – appartenuto alla casata degli Alfieri di Magliano e Castagnole delle Lanze – che nel 1649 ne iniziò la costruzione. Purtroppo, la vita di Catalano Alfieri si concluse tragicamente prima che i lavori di costruzione del castello venissero terminati: accusato di tradimento per non essere riuscito ad invadere i territori di Genova, nella rovinosa spedizione del 1672, fu condannato a morte e rinchiuso nelle segrete di Palazzo Madama a Torino, dove morì per infarto il 14 settembre del 1674. Nel 1679, tuttavia, fu riabilitato, dopo che il suo accusatore-calunniatore era stato giustiziato mediante decapitazione nel 1676.

Carlo Emanuele, che fu ministro dei Savoia a Madrid, Parigi, Vienna e ambasciatore a Londra, succedette dunque al padre Catalano e concluse nelle parti principali la costruzione del castello, intorno al 1680. Il suo busto fu posto in una nicchia dello scalone d’onore con una dedica posta dal figlio Giuseppe Catalano Alfieri e dalla vedova Eleonora Tana di Entracque.

Il successore di Carlo Emanuele fu Giacinto Ludovico, IV conte di Magliano e ultimo maschio degli Alfieri di Magliano e Castagnole. Fu il terzo marito di Monica Maillard de Tournon: da un precedente matrimonio di questa con il conte Amedeo Alfieri di Cortemilia, nel 1749 era nato ad Asti Vittorio Alfieri.

Con la morte di Giacinto Ludovico, gli Alfieri di Magliano si estinsero nel 1797. Il castello passò attraverso varie mani finché il marchese Cesare degli Alfieri di Sostegno (signori dal 1615 della vicina S. Martino) riacquistò tutto nel 1843. Gli succedettero il figlio Carlo Alberto e le nipoti Adele (1851-1937) e Luisa Alfieri (1852-1921) con le quali si estinse anche questo ramo degli Alfieri.

UN CASTELLO, UNA COMUNITÀ

Gli Avvenimenti Recenti

Nel 1952 la marchesa Margherita Pallavicino (vedova del figlio di Luisa Alfieri, Giovanni Visconti Venosta) offrì l’edificio in dono al Comune che lo rifiutò; lo accettò invece il parroco di Sant’Andrea, don Drocco. Dopo varie vicissitudini ed utilizzi impropri, mentre prendeva forma il progetto di un museo etnografico, la Soprintendenza ai Beni ambientali ed architettonici realizzò un primo intervento di tutela nel 1976, grazie all’interessamento di un gruppo di giovani maglianesi (il Gruppo Spontaneo di Magliano Alfieri) e della Sezione Albese di Italia Nostra.

Nel 1988 il Comune di Magliano lo ricevette in donazione dal parroco di S.Andrea, don Guido, con approvazione del Consiglio Comunale il 22 dicembre 1986 ed atto notarile del 1988.

Il castello, seppure spogliato di tutti i suoi ricchi arredi (documentati da inventari del 1691 e del 1854), dopo vari passaggi in mani non sempre rispettose, giunge strutturalmente integro al Comune di Magliano. Anche la più grave alterazione (la costruzione, nei primi anni ’60, di alloggi al primo piano, quattro nell’ala ovest e uno nell’ala est) era per fortuna reversibile. È stato cioè possibile per il Comune, nel 2001, rimuovere tramezzi e solette e ripristinare i locali originari, riportando anche alla luce, nell’ala ovest, le volte, che presentano variegate forme architettoniche.

I BALLI E LE FESTE

Il Salone Degli Stemmi

Tra le numerose stanze presenti all’interno della struttura spicca per importanza e imponenza il Salone degli Stemmi. Il salone occupa il torrione centrale del castello, è coperto da una volta a padiglione dove è possibile ammirare una decorazione a stucchi in gesso ad alto rilievo – fenomeno barocco di grande importanza diffuso nelle città piemontesi tra il ‘600 e il ‘700.

Gli stucchi riproducono stemmi della famiglia Alfieri abbinati a stemmi di altre famiglie nobiliari con essa imparentate mediante matrimonio. Ai quattro angoli della volta si vede l’aquila di casa Alfieri con i motti “Tort ne dure” (“l’offesa non dura”, riferito alla tragica vicenda di ne Catalano Alfieri) e “Hostili tincta cruore” (“bagnata dal sangue nemico”, probabilmente riferito all’insegna). Al centro c’è il grande stemma degli Alfieri di Magliano sovrastato dalla corona marchionale. Inserita poi all’interno di un cornicione in stucco modulato si vede la gigantesca aquila avvolta da cartigli e da festoni con frutta e con scritti i motti “tort ne dure” e “fert” (fides erit robur tua, “la fede sarà la tua forza”).

FIORI E VOLI DI ANGELI

La Cappella Gentilizia

La cappella si trova nel lato est del castello, è dedicata al Santo Crocifisso e viene ricordata anche come Oratorio della Santa Sindone. La sua costruzione risale alla seconda metà del ‘700. La madre di Vittorio Alfieri, che sposò in terze nozze un Alfieri di Magliano, volle la consacrazione della cappella per poter prendere la comunione durante i suoi soggiorni nel castello.

(…) andrò (…) a veder la mia madre e pigliar la benedizione nella cappella di Magliano, dacchè  le ho fatto avere licenza dal Papa di tenervi il Santissimo; grazia per cui mia madre non cape nella pelle di gioia” [Da una lettera di Vittorio Alfieri a Luisa Alfieri di Sostegno, maggio 1783].

Oltrepassato il portale in arenaria si accede all’oratorio a pianta rettangolare, a nave unica, con apertura circolare contenente l’altare barocco in finto marmo e stucco. Gli affreschi, realizzati con prospettive di grande effetto architettonico, tromp l’oeil, per la loro qualità artistica rimandano a una personalità di alto livello e le tre tele di ampie dimensioni rappresentanti episodi della vita di Cristo (La Crocifissione, La cena in casa di Simone il lebbroso e La resurrezione di Lazzaro) sono attribuibili al celebre pittore braidese Pier Paolo Operti; le tele sono state restaurate ad Aramengo, nel famoso laboratorio di Nicola e riportate nella cappella a fine settembre 2006.

TRA LE COLLINE DEL ROERO

IL TEATRO DEL PAESAGGIO

STORIA DI UNA RICERCA SUL CAMPO

IL MUSEO DEI SOFFITTI IN GESSO